Sequestro probatorio di strumenti informatici: Requisiti

by Rosa Lorè in Domiciliazioni Bari, Parere Online, Senza categoria, Studio Legale Altamura, Studio Legale Bari

Sequestro probatorio di strumenti informatici

La Corte di Cassazione, VI sez. penale, con sentenza 11 settembre 2019, n. 37639 è ritornata su un argomento già molto discusso specialmente nel passato: la corretta esecuzione del sequestro probatorio di cui all’articolo 253 c.p.p. avente ad oggetto strumenti informatici.

Con la summenzionata sentenza la Corte di Cassazione afferma che, a prescindere dall’indirizzo giurisprudenziale che si intenda recepire, non vi è dubbio che qualora si debba procedere a sottoporre a sequestro un determinato bene, in primis deve essere configurata un’ipotesi astratta di reato con conseguente individuazione del nesso di pertinenza probatoria tra quel bene ed il reato individuato.

La peculiarità degli strumenti cc.dd. informatici, impongono necessari accorgimenti da porre in essere sia dal punto di vista formale sia dal punto di vista strettamente tecnico.

requisiti sequestro probatorio

Secondo Suprema Corte su citata la motivazione posta a sostegno di un sequestro probatorio deve contenere:

1. la concreta individuazione dei beni da sottoporre a sequestro;

2. il perché detti beni dovrebbero considerarsi corpo del reato o cose pertinenti al reato;

3. la finalità probatoria perseguita attraverso la sottoposizione al vincolo dei beni in questione rispetto ai reati per cui si starebbe procedendo.

Ciò comporta che l’autorità giudiziaria procedente deve chiarire l’astratta configurabilità del reato ipotizzato in relazione alla congruità degli elementi rappresentati, con esclusivo riferimento alla idoneità degli elementi su cui si fonda la notizia di reato in modo da giustificare la ragione per cui è utile l’espletamento di ulteriori indagini per acquisire prove certe o ulteriori del fatto, non altrimenti esperibili senza la sottrazione del bene all’indagato o il trasferimento di esso nella disponibilità dell’autorità giudiziaria. (Sez. U., n. 23 del 20/11/1996).

Sequestro probatorio di strumenti informatici

L’autorità giudiziaria, tenuto conto dello stato del procedimento, deve rappresentare le concrete risultanze processuali e la situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, spiegando la congruenza dell’ipotesi di reato prospettata rispetto ai fatti che si intendono accertare (Sez. 4, n. 15448 del 14/03/2012; Sez. 6, n. 45591 del 24/10/2013).

A tale fine è del tutto insufficiente il mero richiamo agli articoli di legge che si assumono violati ed “agli atti indagine”.

Anche le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno precedentemente chiarito come il decreto di sequestro probatorio, anche se abbia ad oggetto cose costituenti corpo del reato, debba contenere una specifica motivazione della finalità perseguita per l’accertamento dei fatti (Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018).

Tale orientamento giurisprudenziale è indubbiamente rafforzativo dei principi di adeguatezza e proporzionalità di una mezzo di ricerca della prova, al fine di evitare un’esasperata compressione del diritto di proprietà e di libera iniziativa economica privata (Sez. 6, n. 10153 del 18/10/2012, Sez. 5, n. 8152 del 21/01/2010 e, più recentemente, Sez. 6, n. 12515 del 27/01/2015).

Anche in ambito sovranazionale, il principio in esame è ormai affermato tanto dalle fonti dell’Unione (cfr. par. 3 e 4 dell’art. 5 TUE, art. 49 par. 3 e art. 52 par. 1 della Carta dei diritti fondamentali), che dal sistema della CEDU.

 

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